taglio ferie magistrati


Sul taglio delle ferie ai magistrati Matteo Renzi non vuol cedere alle pressioni dell'Anm e delle correnti delle toghe. Anche a costo di smentire il suo ministro della Giustizia, che ha aperto a possibili correzioni al decreto legge sulla giustizia civile all'esame del Quirinale, parlando di un emendamento che modificherebbe la riduzione da 45 a 30 i giorni di riposo e dimezzerebbe il periodo feriale in cui tribunali e procure lavorano a regime ridotto dal 1 agosto-15 settembre al 3-31 agosto. Strano decreto, perché sarebbe in vigore dal 2015.
S'incarica di correggere Andrea Orlando, il suo viceministro Ncd Enrico Costa. «Non c'è e non ci sarà - dice - alcuna retromarcia sulle ferie dei magistrati. Si tratta di una norma, inserita in un provvedimento organico, finalizzata a rendere più rapida la risposta di giustizia e non c'è alcuna ragione per tornare indietro. Ne ho parlato con il ministro Orlando e questo è il suo pensiero». La colpa, al solito, è dei mass media che hanno dato «una lettura fuorviante delle parole del ministro». Ma dietro alle dichiarazioni ufficiali ci sono reali divergenze all'interno del governo e del palazzo di via Arenula su come affrontare il confronto con le toghe. Il Guardasigilli ha fatto un passo falso, altro che travisamento, e viene rimesso in riga. Lo dimostra anche il fatto che poco prima della sua dichiarazione il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri aveva già parlato dell'opportunità di emendare in parlamento il decreto legge, compensando il taglio delle ferie con la sospensione dei termini per scrivere le sentenze emesse prima delle vacanze. E anche tra i politici c'è chi vede nelle parole del Guardasigilli un cedimento inopportuno. Scrive su Twitter Fabrizio Cicchitto, dello stesso partito di Costa: «Orlando deludente: al primo accenno di avvisi di garanzia sta facendo marcia indietro sulle ferie dei magistrati».
La verità è che il Guardasigilli appare in seria difficoltà, stretto in un ruolo a suo tempo impostogli da Renzi. Per qualcuno, già pensa ad un'alternativa.
A creare tensioni contribuisce il braccio di ferro in parlamento per le elezioni dei due giudici costituzionali e dei restanti cinque membri laici (tre già eletti: Legnini e Fanfani per il Pd e Leone per il Ncd). Per le toghe è particolarmente importante chi va ora a Palazzo de' Marescialli, perché lì sperano di contenere con le circolari i danni delle norme più sgradite. Oggi pomeriggio riprendono le votazioni delle Camere,dopo un weekend di trattative. Al posto di Antonio Catricalà che ha rinunciato, Fi si avvierebbe ad indicare Donato Bruno, in tandem con Luciano Violante per il Pd. Per il Csm il M5S mette il veto sul candidato azzurro, Luigi Vitali.
Il presidente del Senato Pietro Grasso lancia, intanto, un nuovo appello: «Spero che domani (oggi, ndr) si trovi una soluzione, altrimenti il problema diventa ancora più grave. Le aule non si possono fermare in attesa delle intese». E i togati di sinistra del Csm esprimono «disagio» per lo stallo. Ma Renato Brunetta di Fi respinge l'«ultimatum» di Grasso.

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