Giustizia lenta
RomaLa Commissione europea retrocede l'Italia a Paese con «squilibri macroeconomici eccessivi», insieme con Slovenia e Croazia.
Debito pubblico molto elevato e debole competitività rappresentano le falle più larghe del nostro sistema economico, e Bruxelles sollecita «interventi urgenti» in modo da ridurre i rischi sia per l'Italia che per il resto d'Europa.
Al nostro governo, la Commissione chiede «azioni politiche forti», riforme indispensabili per far uscire l'economia dalla palude. L'Italia dovrà adeguarsi, e presentare in primavera il piano delle riforme. Nel frattempo sarà oggetto di uno «speciale monitoraggio» da parte della Ue.
Non è tenera Bruxelles con l'azione degli ultimi governi Monti e Letta. Nonostante i tentativi diplomatici di far ammorbidire il linguaggio, il documento europeo dice esplicitamente che «la manovra strutturale 2014 appare insufficiente a ridurre il debito pubblico a un livello adeguato». Per ridurre il debito saranno necessari avanzi primari «molti elevati» e una «crescita robusta del Pil per un periodo prolungato». Senza un piano di riforme sarà inoltre impossibile ottenere più tempo per la riduzione del debito prevista dal fiscal compact, che entra in vigore il 1° luglio del 2015, e prevede tagli di debito pari a un ventesimo all'anno.
Bruxelles nota ancora una volta l'eccessivo peso del fisco sul lavoro, la discrepanza fra salari e produttività, la presenza di troppe piccole imprese che hanno difficoltà a competere sui mercati internazionali. Viene inoltre sottolineato l'indebolimento del nostro sistema bancario. Ma le riforme non dovranno essere soltanto economiche. La Commissione sottolinea il peso delle inefficienze della Pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, riferendosi in particolare alle lungaggini bibliche del processo civile, che impediscono alle imprese di poter far conto sul rispetto delle regole. Quanto poi all'«elevato livello di corruzione», proprio il mese scorso la commissione, in un rapporto, ha rilevato che il 92% delle imprese italiane è convinto che il favoritismo e la corruzione ostacolino la libera concorrenza nel nostro Paese.
Presentando il rapporto, il commissario Olli Rehn invita il governo Renzi a «prendere rapidamente misure per riformare il lavoro e l'economia, in modo da rafforzare la crescita e la capacità di creare occupazione». L'urgenza è necessaria non solo a livello nazionale ma anche per il resto d'Europa, che sta sperimentando una ripresa ancora debole e frammentata anche a causa - ed è la prima volta che le autorità europee ne parlano ufficialmente - di una eccessiva forza dell'euro sui mercati valutari. Se l'Italia non dovesse assumere misure adeguate, e mancasse «ripetutamente» all'impegno di definire un piano sufficiente, rischierebbe sanzioni finanziarie fino a un massimo dello 0,1% del Pil.
«I numeri Ue sull'Italia sono molto duri. Spero che sia chiaro perché noi dobbiamo cambiare verso», ha commentato il premier. Le riforme previste «sono in linea con le richieste dell'Unione europea», replica in una nota il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. L'alto debito pubblico, aggiunge, è dovuto anche alla partecipazione ai sistemi di salvataggio europei (in particolare, i soldi alla Grecia) ed alla restituzione dei debiti della Pubblica amministrazione. Ma proprio a questo proposito, l'Italia scivola rapidamente verso la procedura di infrazione: i termini per la risposta ai rilievi della commissione scadono il 10 marzo, e la richiesta di un rinvio non è stata accettata da Bruxelles. Partirà così la «messa in mora», il passo formale che precede le sanzioni.
«L'Italia deve fare le riforme, non solo prometterle», incalza il vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani. È da due anni, aggiunge, che le raccomandazioni di Bruxelles non vengono seguite. Fra pochi giorni, annuncia Tajani, arriverà anche un rapporto Ue negativo riguardo i «tempi lumaca» della giustizia civile.
Debito pubblico molto elevato e debole competitività rappresentano le falle più larghe del nostro sistema economico, e Bruxelles sollecita «interventi urgenti» in modo da ridurre i rischi sia per l'Italia che per il resto d'Europa.
Al nostro governo, la Commissione chiede «azioni politiche forti», riforme indispensabili per far uscire l'economia dalla palude. L'Italia dovrà adeguarsi, e presentare in primavera il piano delle riforme. Nel frattempo sarà oggetto di uno «speciale monitoraggio» da parte della Ue.
Non è tenera Bruxelles con l'azione degli ultimi governi Monti e Letta. Nonostante i tentativi diplomatici di far ammorbidire il linguaggio, il documento europeo dice esplicitamente che «la manovra strutturale 2014 appare insufficiente a ridurre il debito pubblico a un livello adeguato». Per ridurre il debito saranno necessari avanzi primari «molti elevati» e una «crescita robusta del Pil per un periodo prolungato». Senza un piano di riforme sarà inoltre impossibile ottenere più tempo per la riduzione del debito prevista dal fiscal compact, che entra in vigore il 1° luglio del 2015, e prevede tagli di debito pari a un ventesimo all'anno.
Bruxelles nota ancora una volta l'eccessivo peso del fisco sul lavoro, la discrepanza fra salari e produttività, la presenza di troppe piccole imprese che hanno difficoltà a competere sui mercati internazionali. Viene inoltre sottolineato l'indebolimento del nostro sistema bancario. Ma le riforme non dovranno essere soltanto economiche. La Commissione sottolinea il peso delle inefficienze della Pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, riferendosi in particolare alle lungaggini bibliche del processo civile, che impediscono alle imprese di poter far conto sul rispetto delle regole. Quanto poi all'«elevato livello di corruzione», proprio il mese scorso la commissione, in un rapporto, ha rilevato che il 92% delle imprese italiane è convinto che il favoritismo e la corruzione ostacolino la libera concorrenza nel nostro Paese.
Presentando il rapporto, il commissario Olli Rehn invita il governo Renzi a «prendere rapidamente misure per riformare il lavoro e l'economia, in modo da rafforzare la crescita e la capacità di creare occupazione». L'urgenza è necessaria non solo a livello nazionale ma anche per il resto d'Europa, che sta sperimentando una ripresa ancora debole e frammentata anche a causa - ed è la prima volta che le autorità europee ne parlano ufficialmente - di una eccessiva forza dell'euro sui mercati valutari. Se l'Italia non dovesse assumere misure adeguate, e mancasse «ripetutamente» all'impegno di definire un piano sufficiente, rischierebbe sanzioni finanziarie fino a un massimo dello 0,1% del Pil.
«I numeri Ue sull'Italia sono molto duri. Spero che sia chiaro perché noi dobbiamo cambiare verso», ha commentato il premier. Le riforme previste «sono in linea con le richieste dell'Unione europea», replica in una nota il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. L'alto debito pubblico, aggiunge, è dovuto anche alla partecipazione ai sistemi di salvataggio europei (in particolare, i soldi alla Grecia) ed alla restituzione dei debiti della Pubblica amministrazione. Ma proprio a questo proposito, l'Italia scivola rapidamente verso la procedura di infrazione: i termini per la risposta ai rilievi della commissione scadono il 10 marzo, e la richiesta di un rinvio non è stata accettata da Bruxelles. Partirà così la «messa in mora», il passo formale che precede le sanzioni.
«L'Italia deve fare le riforme, non solo prometterle», incalza il vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani. È da due anni, aggiunge, che le raccomandazioni di Bruxelles non vengono seguite. Fra pochi giorni, annuncia Tajani, arriverà anche un rapporto Ue negativo riguardo i «tempi lumaca» della giustizia civile.
Commenti
Posta un commento