Blocco Stipendi altra sentenza positiva


La crisi deve essere affrontata dalla collettività nel suo insieme e non solo da una parte dei cittadini ovvero dai pubblici dipendenti“. Con queste parole, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 27 novembre, ha rimesso alla Corte Costituzionale il quesito sulla legittimità del blocco della contrattazione nell’ambito del pubblico impiego, previsto inizialmente per il triennio 2010-13 e poi esteso all’intero 2014.

Nel mirino della Corte i due decreti, il 78/2010 e il 98/2011, emanati dai governi Berlusconi e Monti, che ostacolano la naturale dinamica del sistema della contrattazione collettiva e violano i principi di uguaglianza delle diverse categorie lavorative, facendo gravare il sacrificio economico soltanto sui dipendenti pubblici-
Cosi l’ordinanza di rimessione: “In un regime normativo nel quale la retribuzione è determinata da accordi di categoria il rispetto del principio costituzionale della proporzionalità tra il lavoro svolto e la sua remunerazione è affidato proprio allo strumento del contratto collettivo: la inibizione prolungata della contrattazione solleva il legittimo dubbio di una conseguente violazione del principio di proporzionalità e sufficienza della retribuzione”.
Nemmeno valgono, per il Tribunale rimettente, giustificazioni legate alla congiuntura economica. E infatti: “dove l’esigenza inderogabile di diminuzione della spesa derivasse dalla eccezionalità della situazione economica internazionale, ne discenderebbe la necessità di accollare tale onere sulla collettività considerata nel suo insieme e non solo di una parte dei cittadini ovvero pubblici dipendenti”.

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