COLLEGHI DELLA DIFESA MOBILITA'
Roma – venerdì, 04 maggio 2012
Mentre i lavoratori civili della Difesa manifestavano contro i 10.000 esuberi sotto la sede del Ministero, il ministro Di Paola ha incontrato le Organizzazioni Sindacali per recepire le osservazioni sul disegno di legge delega di riforma complessiva dello strumento militare.
USB Difesa ha rappresentato le riflessioni e il punto di vista anche tenendo conto della comunicazione fatta pervenire “capillarmente” ai dipendenti nella quale si rappresentavano gli aspetti inerenti la spesa per la funzione Difesa non conformi alla realtà del ministero.
Ci riferiamo in particolare ai dati forniti in merito al rapporto tra spesa militare e PIL che, a differenza da quanto dichiarato dal ministro, pone il nostro paese a pari livello della Germania e superiore alla Spagna, come sostenuto da accreditate fonti internazionali.
Abbiamo contestato la necessità del taglio di 10.000 posti di lavoro poiché in questi ultimi anni la spesa del personale è aumentata del 2,2% per la parte militare e diminuita del 5,4% per quella civile che incide solo per il 10% sul totale del capitolo di bilancio destinato alle retribuzioni.
Nell’ultimo triennio infatti, gli organici civili hanno subito un drastico ridimensionamento di circa 11.000 unità, per una consistenza attuale di 29.000 dipendenti, che oggettivamente rappresenta un pesante contributo alla diminuzione di quelle voci di spesa che più incidono sul bilancio.
Per non parlare dei 2.200 lavoratori di Prima Area che, già da anni in esubero, sconterebbero per primi il ridimensionamento degli organici e per i quali è stato chiesto una positiva e decisiva soluzione.
Abbiamo sostenuto che un ulteriore ridimensionamento significherebbe mettere in discussione o esternalizzare le nostre competenze, quando sarebbe invece auspicabile ed opportuno un piano di assunzioni mirato che, superando il blocco del turn-over, garantisse nel tempo quantomeno le attuali dotazioni organiche e, nel contempo, permettesse di reinternalizzare quelle lavorazioni andate inutilmente se non dannosamente perdute.
Poiché entro 6 anni è prevista una razionalizzazione delle strutture operative, logistiche e formative non inferiori al 30%, i dipendenti che lavorano in aree depresse dal punto di vista occupazionale e per i quali non sono previsti i “benefit” della componente militare (ausiliaria, Aspettativa Riduzione Quadri, esonero, norme pensionistiche ancora favorevoli, transiti, etc.) pagherebbero il conto per le politiche di esternalizzazione delle attività e di depauperamento delle professionalità.
Contrari quindi all’applicazione dell’istituto della mobilità interna ed esterna per tutto il personale investito da questo “ciclone” di austerità nonché alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (part-time) e il ricorso a forme di lavoro a distanza.
La necessita di concretizzare il sempre promesso processo di civilizzazione del ministero, obiettivo fallito della precedente riforma Andreatta, è la richiesta avanzata da USB che non troviamo neanche minimamente accennata nel disegno di legge poiché determinerebbe notevoli risparmi restituendo agli impieghi operativi quei militari impropriamente impiegati in mansioni amministrative e tecniche.
Su questo argomento si è accesa un’intensa controversia con il ministro poiché il suo concetto di “civilizzazione” non è considerato un elemento indispensabile nonché distintivo/funzionale del personale civile.
Infatti, sono altri i suoi intendimenti, poiché è previsto, fissati gli organici civili a 20.000, di alimentare gli stessi con assunzioni nei limiti stabiliti dall’attuale regolamentazione del turn-over e attraverso il transito, nel corso degli anni, di circa 10.000 militari tra non idonei al servizio e quanti in esubero, utilizzando nei fatti gli organici della componente civile come ammortizzatori sociali per quella militare.
Tale transito avverrebbe inquadrando “in organico” gli interessati secondo apposite tabelle di equiparazione funzionale con le nostre professionalità.
Seppur contrari a questa ipotesi, abbiamo sostenuto e richiesto che l’unica equiparazione possibile sia quella che tenga conto dei requisiti d’accesso alle nostre aree funzionali e dei requisiti richiesti al momento del reclutamento per la componente militare, inquadrando i sottufficiali in Area Seconda e gli ufficiali in Area Terza.
Se ciò non avvenisse, si assisterebbe ad un inaccettabile depauperamento delle professionalità civili e ad una saturazione della Area Terza, negando in prospettiva ogni possibilità di progressione di carriera.
Abbiamo evidenziato come si prevedano alcune norme per aumentare le entrate finanziarie del Ministero, ma come poco o nulla si riferisca in merito alla riduzione di sprechi e privilegi che, come per la politica, dovrebbe rappresentare un imperativo di ordine economico e morale in una fase in cui a cittadini e lavoratori vengono “imposti” sacrifici come:
l’aumento dei requisiti contributivi e anagrafici per la pensione,
il blocco degli stipendi ormai in voga da diversi anni,
l’aumento della tassazione locale,
l’IMU,
il taglio e la riduzione dei servizi sociali,
l’aumento della “flessibilità in uscita e in entrata”, etc.
Il riequilibrio tra i costi del personale e le altre voci di spesa militare non si configurerà come un dimagrimento dei fondi che lo Stato spende in questo comparto ma un vantaggio automatico e forte per l'industria a produzione militare e un assegno in bianco pronto ogni anno per pagare scelte di acquisizione di sistemi d'arma che, una volta fatte, vincoleranno il nostro Paese per decenni.
In estrema sintesi:
il taglio di 10.000 dipendenti civili servirà a garantire la ricollocazione del personale militare e non certo per fare economie, poichè ben noto è il costo maggiore (circa il 70% in più) delle loro retribuzioni;
l’istituto della mobilità interna ed esterna applicata al personale civile in esubero consentirà questo processo di sostituzione, arrecando un aggravio alle già pesanti condizioni economiche/familiari se non una possibile licenziabilità;
le economie ricavate con il taglio di posti di lavoro andranno solamente a coprire le maggiori spese previste per l’investimento in sistemi d'arma e per le missioni all’estero.
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